Mandorle amare

Durante questa strana estate ho avuto modo di leggere un libro che consiglio vivamente a chi lavora con adulti con scolarizzazione nulla o bassa. Si tratta di Mandorle amare di Laurence Cossé, un romanzo che, attraverso la storia di due donne, ci invita a riflettere profondamente sul senso dell’insegnamento e dell’incontro educativo.
Il libro racconta la vicenda di due donne: una, Fadila, non scolarizzata, e l’altra, Edith, altamente istruita, che assume la prima come donna tuttofare nella propria casa. Di fronte allo spaesamento della donna non scolarizzata, Edith decide di offrire a Fadila un percorso di alfabetizzazione, introducendola ai numeri, alle lettere e alla conoscenza di base.
Edith, nel suo ruolo di insegnante improvvisata, procede per tentativi ed errori, consultando manuali, risorse online e riflettendo continuamente sulle proprie pratiche. Dopo mille tentativi, fatti di momenti di euforia per una lettera riconosciuta e altri di accorata delusione per aver dimenticato velocemente quanto trattato nelle lezioni domestiche, Edith diventa consapevole di quanto l’insegnamento debba partire sempre da un senso pratico e concreto, evitando attività astratte, come esercizi su lettere o sillabe senza contesto. Da qui la riflessione su come le esperienze di insegnamento debbano essere rilevanti, concrete, ancorate alle pratiche discorsive dell’apprendente.
Per un insegnante di lingua seconda o per chi lavora con adulti scarsamente scolarizzati, Mandorle amare stimola a ripensare le pratiche didattiche, a confrontarsi con gli insuccessi e con gli inciampi che spesso caratterizzano questi percorsi, ma anche ad accogliere le illuminazioni sorprendenti che regalano.
Il romanzo non è solo per donne e uomini di scuola, ma anche per il lettore comune, sensibilizzandolo su cosa significhi essere esclusi dal misterioso, quanto affascinante, mondo della scrittura.
Com’è possibile che non afferri l’idea di un puntino sopra una i? Una mattina intuisce: Fadila conosce l’alto e il basso nello spazio reale. Distingue perfettamente ciò che si trova sul tavolo da ciò che è sotto. Da lì a distinguere su un foglio orizzontale ciò che è sopra una i o sotto una riga c’è l’abisso che separa il reale dalla rappresentazione, c’è l’abitudine dello spazio in cui ci si muove e l’ignoranza delle sue figurazioni astratte. Fadila parla varie lingue, ma non conosce la loro rappresentazione.