Storie di vita

Il nucleo portante di questo atelier è l’approccio autobiografico, la cui efficacia nel settore dell’educazione è ormai riconosciuta da decenni. Percorsi di tipo autobiografico sono praticabili in contesti educativi differenti per utenza, finalità, struttura e dall’espressione “metodo autobiografico” si diramano molteplici declinazioni. Qui mi propongo l’obiettivo di mettere l’apprendente in una situazione facilitante per raccontarsi, nella consapevolezza, come evoca Ivano Gemelli, “che ogni racconto chiede di essere ascoltato non solo in quanto portatore di un desiderio di informazione, ma anche di trasformazione della relazione”. Dare questa possibilità permette a chi racconta di riflettere, di ricostruire, di riconoscere e infine di riconoscersi nella propria complessità, di recuperare, di ripercorrere e di ricollocare i momenti salienti di un pezzo della propria vita emozionale, formativa o professionale. Compito del formatore è quello di essere delicato, di non operare intromissioni e interpretazioni, ma di incoraggiare l’apprendente a far emergere i momenti topici, conflittuali, pregnanti di un vissuto, gli aspetti inediti, talvolta rimossi o poco apparentemente dimenticati che hanno invece dentro di sé un potenziale significativo prima non considerato.
Forte di queste consapevolezze, fisso il calendario e il percorso da svolgersi in classe, una classe composta perlopiù da donne immigrate, ma anche da chi, pur essendo italiana, è giunta da luoghi e da spazi diversi e ha sperimentato l’esperienza della migrazione e della difficile integrazione in un nuovo tessuto sociale.
Il tema che farà da sfondo all’intero atelier sarà il legame forte con il proprio mondo interiore, con la propria cultura di provenienza, culla di emozioni, felicità, rabbia, talvolta fardello da cui liberarsi. Altre volte schermo di protezione o àncora per affrontare la complessità di momenti particolarmente complessi e pregnanti della vita di ognuno.
Il percorso sarà articolato in tre segmenti. Nel primo l’apprendente sarà stimolato a riflettere su di sé e sul proprio mondo, quello di provenienza, caratterizzato da usi e costumi, da una lingua e da tutto un repertorio di saperi e conoscenza. I testi stimolo che apriranno le sessioni dell’atelier saranno in questo caso: Chi sono? di Bruno Munari, Eredità di Marco Aurelio, Nella mia lingua e A di Arisi Appalam di Anita Nair.
Il secondo verterà sull’esperienza migratoria, sulla cesura dolorosa, ma anche carica di aspettative, attraverso i suggerimenti scaturiti dalla lettura di Ciao di Eraldo Affinati e La mia primissima Italia di Tahar Lamri. Infine, attraverso una serie di letture (Stereotipi alcuni dei quali non falsi di Tahar Ben Jelloun, Identità di Igiaba Scego, Il triangolo di Jhumpa Lahiri, Nutrirsi di lingua di Angela Carter e Vivere di Agota Kristof), si intende creare confronto, conoscenza, ma anche offrire spunti utili a indagare lo spazio della scrittura di ognuno che diventa “luogo terzo”, per favorire un cambiamento sociale e una nuova presa di coscienza.
Curiosità:
Il metodo autobiografico, in Adultità, Guerini, 1996.
L. Bentini, A. Borri, Leggere per scrivere, Loescher, 2016.
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