Costruire – Avvio di un nuovo atelier di scrittura

Tempo fa, su una rivista o una pagina di blog (non ricordo), ho letto una frase del pedagogista Duccio Demetrio e l’ho appuntata immediatamente sul mio quaderno degli appunti. Citava: “La scrittura autobiografica ci permette di “prenderci cura” di noi nella nostra interezza, nella complessità della nostra vita”. Quella frase mi ronza in mente da giorni, non riesco a liberarmene.
Ho una classe ricchissima, di intelligenze, curiosità, bagagli di vita ingombranti, percorsi scolastici e culturali apparentemente lontani anni luce fra loro; una classe fatta di donne e ragazze che stanno intraprendendo un percorso di formazione complesso e reso ancora più difficile dalle modalità e dalle restrizioni vissute in questi ultimi due anni.
Sogno di poter riprendere al più presto le lezioni del laboratorio, con tranquillità, con la possibilità di guardarci negli occhi, toccarci, catturare i mille segnali che ogni corpo impercettibilmente emana. Eppure, nel frattempo è necessario partire e restare nel “qui e ora”, tenendo sempre presenti gli elementi di complessità che quotidianamente stiamo vivendo.
Dedico parte degli incontri a confrontarmi con le mie studentesse, per comprendere che cosa si aspettano dagli incontri dell’atelier di scrittura, che cosa e come vorrebbero leggere. Ho chiaro l’orizzonte degli obiettivi in cui devo collocare l’educazione linguistica di questo corso, ma ho necessità ancora di ascoltare, raccogliere stimoli, far emergere bisogni specifici.
Dai colloqui preparatori emerge il bisogno di partire dalla lettura di testi in cui le partecipanti possano riconoscersi e rivedere le loro storie, desideri e pensieri, ma c’è un’istanza che mi ha colpito ancora di più ed è la necessità di scoprire e/o condividere letture e storie dei propri Paesi di provenienza, testi e lingue a volte apparentemente dimenticate, rimaste in una memoria nascosta e lacerata.
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