Ricetta 3: (Io sono) quello/quella che…

Ricetta 3: (Io sono) quello/quella che…

[vc_row css_animation=”” row_type=”row” use_row_as_full_screen_section=”no” type=”full_width” angled_section=”no” text_align=”left” background_image_as_pattern=”without_pattern”][vc_column][vc_column_text]Bruno Munari, artista geniale del ‘900, capace di giocare e prendere in giro ogni elemento della realtà, ha scritto testi più vari: dagli aforismi agli haiku giapponesi, fino alle descrizioni pindariche di oggetti. Verbale scritto, un apparente elenco di date, diventa l’occasione per ripercorrere una vita di produzioni artistiche mirabolanti. L’uso del pronome Quello per raccontarsi in prima persona dà l’idea di prendere distanza personale dalle tracce, dai segni lasciati sulla pagina.

 

Ingredienti: fogli, matite, una LIM, una connessione, la pagina web dell’archivio Munari (http://www.munart.org/), alcuni libri dell’autore, quelli delle edizioni coloratissime di Corraini e Einaudi, tanta curiosità e il testo “Autobiografia”.

 

Lascio girare i libri fra i banchi, c’è chi ride, chi scandisce parole, chi tenta di trovare una spiegazione a immagini contorte, trasformate, rinnovate. Proietto immagini sulla LIM e poi leggiamo insieme il testo, difficile in alcuni punti. Cerchiamo le opere citate e ci sembra chiaro l’intento dell’autore di ripercorrere le tappe salienti della sua vita e della sua sterminata produzione artistica sotto forma di elenco. È uno stratagemma simpatico e irriverente per raccontare.

 

Quello nato a Milano nel 1907.

Quello delle Macchine inutili del 1930.

Quello dei nuovi libri per bambini del 1945.

Quello dell’Ora X del 1945.

Quello delle Scritture illeggibili di popoli sconosciuti del 1947.

Quello dei Libri illeggibili del 1949.

Quello delle Pitture negative-positive del 1950.

Quello delle Aritmie meccaniche del 1950.

Quello Proiezioni a luce polarizzata del 1952.

Quello delle fontane e dei giochi d’acqua del 1954.

Quello delle Ricostruzioni teoriche degli oggetti immaginari del 1956.

Quello del Portacenere cubico del 1957.

Quello delle forchette parlanti del 1958.

Quello delle Sculture da viaggio del 1958.

Quello dei Fossili del Duemila del 1959.

Quello delle Strutture continue del 1961.

Quello della Lampada di maglia del 1964.

Quello delle Xerografe originali del 1964.

Quello degli Antenati del 1966.

Quello del Corso di design alla Harvard University USA del 1967.

Quello della Flexy del 1968.

Quello dell’Abitacolo del 1971.

Quello dei Giochi didattici di Danese.

Quello dei colori delle Curve di Peano del 1974.

Quello dei Messaggi tattili per non vedenti del 1976.

Quello dei Laboratori per bambini al museo del 1977.

Quello dell’Olio su tela del 1980.

Quello dei Vilipesi del 1981.

Quello degli Ideogrammi materici del 1993.

Quello premiato col Compasso d’oro, con una menzione onorevole della Japan Design. Foundation per l’intenso valore umano del suo design.

Quello del premio Andersen per il miglior autore per l’infanzia.

Quello del premio Lego.

 

L’ora passa velocemente nello stupore. Chiedo a ognuno di provare a scrivere a casa, in un tempo più dilatato e rispettoso, il proprio “Quello/Quella”, cercando di mettere sul tavolo qualche pezzo della propria vita: una creazione, una foto, un biglietto, qualche appunto sparso. Dopo due giorni, ecco una serie di piccole e preziose biografie, alcune minimali, altre più ampie, di cui riporto solo alcuni estratti liberamente letti in classe.

 

Quello nato a Rabat nel 1971.

Quello arrivato in Italia dieci anni fa.

Quello che ha moglie e quattro figli.

Quello della casa bellissima.

Quello che ha fatto il muratore e poi ha lavorato in un fabrica.

 

Quello che  gioca a pallavolo la domenica.

Quello che arbitra nel tempo perso.

Quello che studia nel Cpia.

Quello che ama conoscere le persone.

 

Quella che è nata nel 1987.

Quella che ha studiato in una scuola elementare con bambini piccoli e grandi nel 1987.

Quella che seguiva la nonna.

Quella che sempre da bambina guardava la nonna.

Quella che incontrava il papà un volta all’anno quando tornava dalla Francia.

Quella che pensava che papà sarebbe tornato dalla Francia, ma non è stato così.

Quella che ha iniziato la scuola superiore nel 1991.

Quella che aveva tante amiche.

Quella che amava andare a Casablanca.

Quella che si è sposata felice nel 2000.

Quella che è arrivata qui in montagna per stare con il marito nel 2001.

Quella che era triste perché lontana dal paese e dalla famiglia nel 2002.

Quella che alla fine ce l’ha fatta.

Quella della nuova casa nel 2010.

Quella che ha pianto quando ha lasciato la vecchia casa.

Quella che ha tre figlie, nel 2006, 2009, 2011.

Quella che è tornata a scuola nel 2019.

Quella che inizia a conoscere meglio questo paese nel 2019.

 

Quello che è partito con tanti sogni nel febbraio 2015.

Quello che è stato in Libia a lavorare, diciamo nel settembre del 2015.

Quello che ha speso tanto per il viaggio della vita.

Quello che è partito una sera da una spiaggia libica per Lampa lampa, Lampedusa.

Quello che sulla barca pigiato, vedeva il mare nero.

Quello che quella sera sul mare nero ha pianto e ha detto che non avrebbe mai più fatto il viaggio di ritorno.

Quello che è sbarcato a Pozzallo nel dicembre del 2016.

Quello che è arrivato non si sa perchè a Bologna nel febbraio del 2017.

Quello che ha studiato, tanto studiato, che andava a scuola perché non conosceva nessuno dal febbraio 2017.

Quello che ha fatto i corsi di italiano con lo stesso maestro per due anni.

Quello che ha trovato lavoro nel 2019, nell’estate.

Quello che ha deciso di non lasciare la scuola, perchè prima non ho avuto un’occasione del genere.

Quello che parla, parla.

Quello che ha sogni, tanti.

Quello che non si arrende.

Quello che pensa ogni tanto di tornare indietro.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]



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